Il 17 dicembre di 51 anni fa si compiva l’attentato più sanguinoso della storia della città di Roma all’Aeroporto di Fiumicino, all’epoca nel territorio metropolitano dell’urbe, in cui venivano uccise 32 persone, tra cui due bambini e un finanziere, Antonio Zara, poi decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, da un commando palestinese aderente al gruppo di Settembre Nero.
Ad opporsi a tutto questo, oltre al finanziere, intervenne con coraggio l’agente Antonio Campanile, che costrinse a colpi di mitra gli attentatori-dirottatori ad entrare nell’aeromobile da loro requisito, interrompendo l’azione di fuoco.
La tragica strage di Fiumicino fu, secondo la ricostruzione degli analisti, la causa per cui lo Stato italiano fu costretto a stipulare l’accordo di santuarizzazione del territorio nazionale in cambio del passaggio di uomini e armi palestinesi, il “Lodo Moro”, chiave di molte delle vicende che hanno attraversato l’Italia nel secondo dopoguerra.
La vicenda del poliziotto Campanile, poi, è tutta da chiarire: ci chiediamo perchè, dopo tutto questo tempo dalla strage, un atto eroico come questo, invece di produrre una medaglia al valore, produsse una punizione.
Vanno adottate iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per la riforma della disciplina del cosiddetto segreto di Stato, per la declassifica e la consultabilità dei documenti declassificati, oltre all’accelerazione del processo di digitalizzazione e il versamento della documentazione all’Archivio centrale di Stato, per mettere il più ampio patrimonio informativo a disposizione della collettività e della ricerca storica.