Nella singolare conferenza monologo senza domande che si è tenuta all’Opera di Roma alla presenza addirittura del sindaco e del ministro Bonisoli, il sovrintendente Fuortes ha mostrato il solito “oro” che non brilla, come già fece in passato per l’Auditorium. Ma la realtà denunciata è nero su bianco nella relazione del commissario Sole per la Corte dei Conti. Mi risulta infatti – come già evidenziato in una mia interrogazione appena presentata al ministro della Cultura – che dal bilancio a consuntivo dell’anno 2016 i debiti tributari del Costanzi siano saliti a 12,1 milioni di euro, con un aumento di 8,5 milioni di euro in un solo anno per il mancato versamento dell’Irpef. Inoltre, per il risanamento del debito la Fondazione ha potuto usufruire di un prestito di 25 milioni ottenuto in seguito all’adesione al programma della Legge Bray a patto di diminuirlo a 8 milioni. Ma alla fine del primo semestre 2018 non avendo attuato alcuna delle indicazioni fornite dal Commissario di Governo, Il Teatro dell’Opera non ha ricevuto l’approvazione dell’estensione del piano di risanamento, fatto che impedirebbe all’ente di continuare a rientrare tra le fondazioni al cui risanamento si applicano le norme della cosiddetta legge Bray. Insomma, una situazione tutt’altro che rosea come invece è stata dipinta oggi. Il timore più grande è che ne facciano le spese i lavoratori, le maestranze e gli artisti, su cui pende la spada di Damocle della rateizzazione del debito della Fondazione.