Quella del premier Renzi e del ministro Dario Franceschini è una sussidiarietà “sinistra” poiché valorizza luoghi della cultura che non ne hanno alcun bisogno, come il Colosseo a Roma o l’Arena di Verona, senza includere i beni culturali che hanno bisogno di maggiore valorizzazione. Già in passato, il titolare del Mibact fu smentito sui ricavi dei beni culturali da un’inchiesta dell’Espresso che rivelò, tra pubblico e privati, percentuali ben diverse da quelle elaborate dalla fonte ministeriale . L’Art bonus, presentato come un grande successo ha raccolto solo 33 milioni di erogazioni liberali – una miseria rispetto al bilancio statale destinato alla cultura – di cui in realtà vanno presi in considerazione solo 26 milioni, quelli dei privati e delle imprese, non quelli degli enti che sono un escamotage fiscale per risparmiare sul bilancio. Quindi o l’art bonus aumenta la fiscalità di vantaggio o sarà solo un ricatto degli enti locali nei confronti di quelle imprese che in quei luoghi hanno interessi economici. La vera sfida, infatti, era riuscire a tutelare adeguatamente e rendere accessibili tutti quei siti lontani dai comuni itinerari turistici, valorizzando quelli meno noti e, attraverso il mecenatismo, concepire soluzioni che ne migliorassero la fruizione da parte di tutti. Un contributo necessario allo sviluppo etico della nostra società e una potenziale risorsa per promuovere il territorio che, ancora una volta è stata disattesa. Ci auguriamo, dunque, che il pugno duro del governo non si limiti unicamente al decreto Colosseo, il cui testo liberticida è appena passato al Senato, ma si applichi per indire una gara che garantisca i servizi culturali del Colosseo a vantaggio del pubblico e non l’affidamento milionario diretto ad una Coop rossa da anni.