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La porta magica è stata riaperta ancora una volta. E ancora una volta la magia si è manifestata. Sette è un numero magico per  tradizione e, mai come questa volta, essere arrivati alla settima edizione è stata una vittoria culturale. Non parlo di politica. Non mi interessa la politica quando parliamo dell’identità e della memoria di un popolo. Il Carnevale romano, come aveva compreso Goethe, è l’espressione più profonda del popolo italiano ed europeo in genere. Vi è tutta la nostra tradizione. Sì, quella con la T maiuscola che i reazionari pronunciano con la mascella volitiva  ma, poi, non incarnano per impotenza e i progressisti relativisti avversano come fosse la peste. Il Carnevale romano fa parte di quella “ideologia italiana” di cui scrive anche Marcello Veneziani.

Come l’arte equestre che gli italiani  insegnarono ai francesi e agli spagnoli per poi dimenticarsene. O la Commedia dell’arte che ha fatto la storia del teatro europeo. Ma non solo questo. A Roma fino a 2 anni fa il carnevale romano è stato l’evento principale della Capitale per 5 anni. Villaggio a Piazza del Popolo e presenza in altre piazze della città dal centro alla periferia in 11 giorni di palinsesto per riprendere quello antico per circa 1 milione di partecipanti nell’ultima edizione.  Spettacoli equestri, sfilata rievocativa, arte di strada, arte pirotecnica e produzioni teatrali. Libri, saggi, cataloghi  e mostre a raccontare la rinascita del Carnevale romano e l’importanza di quello storico. Addirittura, 8 pubblicazioni, che rimarranno, per sempre, nell’archivio capitolino di Roma e , quindi, nella Storia della Capitale. Poi l’esilio nella città di Fano per l’insensibilità pregiudiziale di questa amministrazione e, quindi, solo per la tenacia e la passione di “quelli che hanno fatto il carnevale” dall’inizio il ritorno.

Qui celebriamo una vittoria dissimulata come le maschere. Abbiamo il sorriso, ci mettiamo in costume, rievochiamo. Ma non c’è niente da ridere. I carnevali italiani sono il futuro antico delle loro città. Sono economia, marketing e identità. Il Ministro Franceschini dovrebbe tutelarli e gli proponiamo su questo un patto bipartisan affinché una parte dei ricavi del Lotto vadano ai carnevali delle grandi e piccole città.

Sorrisini, battutine, biasimi di serissimi esponenti culturali, sovrintendenti, intellettuali, ma anche semplici spiriti conservatori  che, magari, si inarcano e irrigidiscono  in stentoree apologie sulla Tradizione e poi non capiscono la forza rivoluzionaria delle tradizioni archetipe e rituali come il carnevale, non lasceranno traccia alcuna. Mentre quelle immagini, a migliaia, scattate da fotografi appassionati. Quelle parole riscoperte, riscritte, pubblicate, recitate e declamate. Quei costumi di grandi sartorie italiane,  che non sono vestiti o semplici maschere ma che servono a rievocare, altra grande tradizione che sta riaffiorando dal fiume sotterraneo dell’immaginario popolare, sono ormai nuova linfa nelle strade di Roma. Speriamo, ora che l’ottusità barbara e incolta di chi non capisce questa grandezza e non percepisce queste altezze non impedisca al Carnevale romano di proseguire questo viaggio. Questa incredibile e unica festa mobile. Rievocare. Riscoprire. Rinascere. È tutta qui la vita.

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Ora vi spiego perché il Carnevale è il futuro antico della nostra cultura. Alla faccia dei relativisti e dei tradizionalisti “impotenti”.

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