Ho avuto il privilegio di assistere alla prima al Teatro Manzoni di Milano del Nerone di Edoardo Sylos Labini. Il testo del libro di Massimo Fini ottimamente sceneggiato con inclusioni e citazioni dotte da Angelo Crespi e dallo stesso Labini colpisce fin da subito. La descrizione dell’incubo ricorrente di Nerone e il monologo metatreatale del sovrano che scende in mezzo al “popolo” della platea coinvolgono e fanno riflettere. Speravo che qualche attore e regista avesse il coraggio di mettere in scena il testo di Massimo Fini e finalmente Labini lo ha fatto. Incurante dei pregiudizi storici e di una vera e propria damnatio memoriae. Nero non bruciò Roma, furono i cristiani a farlo probabilmente. Certo era interessato più all’arte che al comando. La madre Agrippina lo dominò fino a morirne. Ma fu un grande esteta e amante della cultura e del popolo. Impossibile non cogliere il sillogismo che Labini vuol evocare con leader dei nostri tempi. E, in fondo, il teatro è anche impegno civile. Lo spettacolo in due atti arriva diretto, senza mai annoiare, con musiche ed effetti sonori emozionali. Persino la scena dell’incesto tra Agrippina e Nerone, che in realtà non ci fu mai, è elegante e armoniosa. Colpisce la chiusura e ci lascia il ritratto di un grande personaggio, tragico e nietzschiano. Andarlo a veder è un obbligo morale per chi, come noi, vive controvento. Applausi a tutto il cast per il coraggio e la bravura.