Roma in scena, Una visione comunitaria per la cultura in Italia, è il libro di Federico Mollicone, ex presidente della Commissione Cultura della Capitale, con un’introduzione di Michele Rak, e pubblicato da Palombi Editori. Alla presentazione del volume, il 9 aprile 2014 a Palazzo Braschi di Roma, l’autore, la curatrice Veronica D’Agostino e alcuni ospiti si confrontano sui temi più attuali del dibattito culturale contemporaneo: l’onorevole Giorgia Meloni; Pietro Folena, presidente dell’Associazione culturale MetaMorfosi; l’onorevole Umberto Marroni; Giampaolo Rossi, docente ed editorialista di “Il Giornale” e l’architetto Fabio Rampelli. «Speriamo che il libro fornisca una visione in grado di restituire una sintesi utile alla cultura italiana», dice D’Agostino, «soprattutto su alcuni specifici temi» tra cui, primo tra tutti, il principio di sussidiarietà: «Oltre cento testimonianze di rappresentanti della società civile che ridefiniscono tale principio», dice Mollicone, «quel criterio che, secondo la Costituzione, regola il rapporto e il meccanismo di collaborazione tra pubblico e privato».

La copertina del libro “Roma in scena, Una visione comunitaria per la cultura italiana” di federico Mollicone, pubblicato da Palombi Editori.
La copertina del libro “Roma in scena, Una visione comunitaria per la cultura italiana” di Federico Mollicone, pubblicato da Palombi Editori.

Pubblico e privato. «In sostanza», continua Mollicone, il principio di sussidiarietà afferma che «dei soggetti giuridicamente inferiori alle istituzioni pubbliche – che dovrebbero occuparsene ma spesso non hanno le risorse per farlo – possono intervenire in nome di un valore più alto di collaborazione, o meglio di una “community care”, per sostenere delle iniziative di pubblica utilità, dei servizi, dei restauri, o ancora una gestione di strutture pubbliche». Un tema, questo, indissolubilmente legato alla questione della cultura come politica industriale, che restituisca potere ai Beni culturali.

Impresa e cultura. «La retorica della cultura come petrolio del Paese non ha mai portato ad immaginare un modello di sviluppo sul terreno culturale, e lo abbiamo visto con i continui tagli, di finanziaria in finanziaria», esordisce Folena. «Lo sviluppo è stato pensato sempre e soltanto nei tradizionali termini industriali, non valorizzando la grande forza delle naturali vocazioni dell’Italia. Due esempi testimoniano quanto potenziale, a tutt’oggi sprecato, possa avere una strutturata politica culturale: sono il Roca (Return on Cultural Assets), un indicatore che utilizza il Pil del settore culturale di un paese e il numero di siti Unesco che esso ospita per calcolare il “ritorno economico” che il patrimonio artistico potrebbe produrre; e un altro dato, quello del contributo del settore culturale al Pil: per un euro pubblico investito in cultura, se ne genererebbero 21».

Federico Mollicone.
Federico Mollicone.

Episodi. «Un vero e proprio “affaire“, a testimonianza di quanto ancora ci sia da fare nel rapporto tra pubblico e privato, è ciò che è accaduto al Teatro di Marcello, da me inserito nel circuito “Roma segreta”», racconta Mollicone, «e successivamente escluso dalla Soprintendenza con la scusa di una valorizzazione specifica vista l’importanza del monumento. Come Commissione avevamo dato l’indirizzo di trasformarlo in una sede per mostre di alto livello. E si era offerta MetaMorfosi con tanto di sponsor per una mostra senza precedenti che avrebbe permesso l’apertura straordinaria anche del secondo piano. Sopralluoghi, accordi, incontri. Poi più niente. Solo un altro stop, dovuto forse al fatto che un’altra grande organizzazione nazionale si era “appassionata” a quel monumento», conclude Mollicone.

Stalli. «Un progetto di mostra tutto in vetro e legno, smontabile il giorno dopo la fine dell’evento», aggiunge Folena. « Tuttavia, il progetto di MetaMorfosi è ancora lì: firmato e approvato, pronto per essere realizzato».

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Mollicone e la cultura in Italia: è “Roma in scena”

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