Essendo tra coloro che sono usciti dall’Aula Giulio Cesare per il minuto di silenzio dedicato a Rosario Bentivegna, il collega De Priamo ed io riteniamo doveroso precisare che non si è trattata di una mancanza di rispetto nei confronti della persona, bensì del gesto commesso il 23 marzo 1944, che ha provocato la morte di Pietro Zuccheretti e l’eccidio delle Fosse Ardeatine. È necessario analizzare la vicenda, che non c’entra nulla con la liberazione d’Italia dalle forze di occupazione tedesche, anche dal punto di vista etico e del codice di guerra. A fronte della minaccia di ritorsione nazista, Bentivegna avrebbe dovuto costituirsi, risparmiando così la vita a 335 civili e militari italiani. Per molto meno, ossia un incidente fortuito e non un attentato organizzato, Salvo D’Acquisto venne fucilato e offrì la sua vita per salvare la vita a 22 persone. Per questo, il carabiniere ventitreenne è un eroe, Bentivegna no.
Il caso Zuccheretti, il giovane dilaniato dall’ordigno dei GAP e ritratto in una foto diffusa in rete, è stato sempre rimosso dalla sinistra. Nonostante le inchieste serrate e puntuali di tre giornalisti, come Pierangelo Maurizio, Francobaldo Chiocci e Gian Paolo Pelizzaro, abbiano dimostrato l’autenticità della foto, la Corte di Appello di Milano ha deciso di dichiararla falsa. È arrivato il momento di fare chiarezza e riscrivere questa pagina dolorosa della storia nazionale, attribuendo alla famiglia Zuccheretti la medaglia d’oro al valore civile.