Il via libera della Camera dei deputati al ddl costituzionale proposto dal ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, sull’equiparazione tra elettorato attivo e passivo, che permetterà di essere eletti deputati a 18 anni e senatori a 25, è una pagina storica nella vita della nostra Nazione. Come presidente della Commissione Cultura e Politiche giovanili di Roma Capitale, sono entusiasta di quanto successo in Parlamento, perché l’approvazione del provvedimento rappresenta il primo passo per la sconfitta della gerontocrazia politica, purtroppo trasversale e ancora molto forte nel nostro Paese.
Durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, insieme con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha illustrato le due previsioni di norma contenute nel ddl: «Una riguarda la corrispondenza dell’elettorato attivo e passivo nell’elezione di Camera e Senato». In Italia – ha ricordato la Meloni – si può votare per la Camera a 18 anni ed essere eletto a 25 e si può votare per il Senato a 25 anni ed essere eletti a 40. «In un sistema bicamerale perfetto – ha detto il ministro – questo significa che chi ha meno di 40 anni non ha pieno diritto di cittadinanza, significa escludere una parte assolutamente consistente degli italiani dalla possibilità di essere rappresentanti a 360 gradi». La seconda norma, che il ministro definisce «importantissima», riguarda l’articolo 31 della Costituzione, sulla famiglia e la protezione dell’infanzia e della gioventù: «Introduciamo due diversi elementi: la Repubblica valorizza la partecipazione dei giovani alla vita politica, economica e sociale e, soprattutto, la Repubblica informa le proprie scelte al principio dell’equità tra generazioni». Un principio «rivoluzionario», lo ha definito Giorgia Meloni, che riguarda il debito pubblico e che stabilisce che le generazioni precedenti non possono vivere al di sopra delle proprie possibilità a scapito delle successive.
Clicca qui per leggere il testo del disegno di legge costituzionale per l’abbassamento dell’età di ingresso al Parlamento è stato licenziato in prima lettura dalla Camera dei Deputati con 450 voti favorevoli su 500 presenze.