Dalle lasagne alla bolognese alle orecchiette alle cime di rapa, dai saltimbocca alla romana alla ribollita toscana. Addio ai menù etnici della precedente giunta Veltroni che tante polemiche avevano suscitato, ecco finalmente in arrivo l’inimitabile made in Italy, attraverso la riscoperta dei nostri cibi regionali. E’ quanto è stato deciso dalla nuova Amministrazione capitolina per le mense scolastiche delle suole dell’infanzia romane, comunali e statali. Ad illustrare questa nuova iniziativa il sindaco Alemanno, l’assessore alle Politiche Educative Marsilio e un pool di nutrizionisti, che puntano a riscoprire le radici culinarie italiane. I pasti regionali verranno serviti a mensa una volta al mese, alternando piatti di diverse regioni, dall’Emilia Romagna alla Sicilia, dal Veneto al Piemonte, senza dimenticare nessuna regione italiana, e tenendo conto di aspetti come l’apporto nutrizionale, i gusti dei bambini, la facilità di esecuzione delle ricette e la reperibilità degli ingredienti. Ovviamente per gli alunni allergici o affetti da intolleranze alimentari senza dimenticare anche i motivi etnico-religiosi, ci sarà l’alternativa con menù personalizzati, predisposti da dietiste municipali. I menù regionali sono una giusta educazione al buon mangiare e alla conoscenza dell’Italia, e per tutto il corso dell’anno saranno distribuiti nelle scuole poster con descrizione dei piatti tipici corredata da note geografiche, cenni storici e riferimento alle tradizioni, e dal canto loro gli insegnanti avranno la possibilità di mostrare agli alunni la “storia nel piatto”, con peculiarità locali nate in epoche remote, avvenimenti e scambi tra popolazioni, il tutto come riflesso delle molteplici identità che arricchiscono il nostro Paese. Viene quindi da chiedersi come sia possibile non apprezzare iniziative di questo tipo, e anzi dover sentire farneticazioni senza senso da parte di persone che evidentemente poco o nulla conoscono delle nostre tradizioni. Mi vedo infatti costretto a replicare all’assessore alla Scuola del Municipio XVI, Valentina Steri, che evidentemente a caccia di visibilità attacca un’iniziativa di questo tipo appoggiata dalle associazioni di categoria e dai dietologi, e che si muove nel rispetto delle direttrici della promozione della dieta mediterranea nelle scuole italiane. La conoscenza della cucina è il primo veicolo di quella vera integrazione che passa per l’assimilazione di piccoli gruppi di diverse culture e che permette di costruire, con la cultura ospitante, una reale integrazione. In questo modo si va oltre all’ideologia delirante e razzista dei gruppi monoetnici, che cancellano e impediscono ogni forma di integrazione, per il semplice motivo che i bambini si trovano a essere nella stessa cultura di provenienza, creandosi da soli barriere che in una comunità davvero solidale non devono esistere.