Ieri, il commissariato Trevi-Campo Marzio ha posto i sigilli anche nella sala teatro e nel cortile interno del Rialto, gli unici spazi rimasti ancora liberi dal sequestro già eseguito con il blitz del 20 marzo scorso. Tale operazione è stata eseguita in ottemperanza ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria, Gip presso il Tribunale Ordinario di Roma, che ha disposto il sequestro preventivo di detti locali in quanto nel centro erano organizzate feste e spettacoli a cui accedono numerose persone, senza che ricorrano i requisiti di sicurezza dei locali adibiti prescritti dalla legge. Non si può inoltre tacere sugli innumerevoli interventi operati dagli organi di Pubblica Sicurezza ed ai molteplici episodi di violenza fisica accorsi fra avventori e il personale addetto alla disciplina dell’accesso al locale, da cui si evince l’evidente pericolo per la pubblica incolumità ed il disturbo arrecato alle persone. Personalmente, come presidente della commissione Cultura, tengo a ribadire agli assessori regionali Rodano e Nieri, e al consigliere provinciale Peciola, che il Comune di Roma non ha fatto pressione istituzionale affinché venissero intraprese iniziative a censura dell’attività del Rialto. Se questo è accaduto è solo per una legittima indagine del Commissariato della Questura di Roma che ha rilevato, dopo il sequestro della discoteca abusiva, la presenza di altre attività commerciali in quel luogo nel pieno dell’illegalità. E’ ora di finirla con il tentativo di una parte del centrosinistra che in nome della difesa dell’idea di centro sociale e di cultura autoprodotta tutela, istituzionalizza e protegge quelli che possono essere considerati a tutti gli effetti come locali commerciali in spazi pubblici occupati abusivamente. In più, il progetto dagli animatori del Rialto che prevedeva il trasferimento presso l’autoparco di Porta Portese, è risultato essere strampalato, non finanziato e assolutamente irrealizzabile, anche perchè non sarebbe stato possibile l’apertura di un’altra discoteca commerciale a ridosso di Trastevere. Se gli animatori del Rialto vogliono fare davvero cultura autoprodotta, chiediamo loro di andare in periferia e creare strutture in aree dove non ci sono luoghi di ritrovo e incontro, solo allora potremo confrontarci.