Il pieno sostegno all’accordo storico stipulato dal governo italiano con la Libia non può però permettere di subire acriticamente una ricostruzione storica unilaterale, che si ferma agli errori del periodo colonialista italiano, nonché perdonare l’assenza, da parte libica, di una pubblica ammenda, dell’ostracizzazione, dell’espulsione degli italiani dal territorio libico negli anni settanta e della confisca di tutti i loro beni. Nonostante condivida la scelta del sindaco Alemanno di trasformare l’Aula Giulio Cesare nel luogo del dialogo euro mediterraneo, rifiuto categoricamente l’idea di dimenticare l’oltraggio subito dai nostri connazionali, che hanno contribuito fino agli anni 70 allo sviluppo della Libia. La ragion di stato e la geopolitica, infatti, ci obbligano a questo trattato per il respingimento dell’immigrazione clandestina e per una nuova stagione di amicizia con il popolo libico, ma l’accordo deve essere costruito sul modello sudafricano, attraverso una commissione bilaterale che renda giustizia a tutte e due le parti, rinforzando il tutto dalla richiesta di rispetto per i diritti umani. Solo in questo modo potremo pensare di arriverà alla ricostruzione di un vero rapporto di rispetto reciproco. Per queste ragioni, in ordine del mio ruolo istituzionale, sarò comunque presente in Aula Giulio Cesare, portando nel cuore, non come ha fatto spudoratamente il colonnello sul bavero della giacca, la foto ed il ricordo degli italiani che hanno perso ogni cosa e che sono stati cacciati dalla terra che amavano e hanno contribuito far crescere.