Lo storico Teatro dell’Opera di Roma, sembra avviarsi verso un nuovo capitolo della sua gestione. I conti, come ha fatto notare il sindaco Gianni Alemanno, non sono per niente in ordine, si parlerebbe infatti di uno squilibrio di bilancio di 11 milioni di euro. Ieri gli organi di stampa hanno riportato alcune dichiarazioni del sovrintendente del Teatro dell’Opera Francesco Ernani, che avrebbe di fatto rimesso il mandato, ma senza le dimissioni ufficiali. Ieri tra l’altro il sindaco, che è anche presidente della Fondazione lirica, ha ricevuto i sindacati sulle problematiche del teatro capitolino, e oggi ci sarà l’incontro fra il sovrintendente e il sindaco per perfezionare il ricambio al vertice del teatro. Su tutta questa vicenda io personalmente non posso che sostenere con fermezza e convinzione l’azione di rilancio sostenuta dal sindaco Alemanno, in merito alla gestione del Teatro dell’Opera. Un teatro che dovrebbe essere all’altezza di eccellenze nazionali come La Scala e che invece, continua a perdere spettatori e prestigio. Ad alcuni esponenti dell’opposizione, come nel caso di Giulia Rodano assessore alla Cultura della Regione Lazio, non posso che replicare che il presunto rilancio artistico di cui parla, quello con il direttore Nicola Sani, è un disastroso fiasco a cominciare proprio dall’Aida di Wilson, che è stata presentata come “opera manifesto” del nuovo corso, ma che in realtà non ha raggiunto nemmeno il 70 per cento di spettatori. L’assessore alla Cultura della Regione dovrebbe sapere che il rilancio del teatro dovrebbe essere legato alla vendita delle opere del repertorio tradizionale, contribuendo così al risanamento del bilancio e alla promozione lirica, invece che all’acquisto a caro prezzo, di opere classiche reinterpretate da registi che attuano sperimentazioni già viste in Europa venti anni fa. Al di là della questione della sovrintendenza, sulla quale interverrà il sindaco Alemanno, la maggiore urgenza è rappresentata dalle dimissioni della direzione artistica, che ci risulta continui ad assumere impegni per il futuro, senza ormai averne più il titolo.